Referendum: il nucleare

Questo post “esce” dall’orticello spilimberghese per parlare di referendum: una questione di livello nazionale ma che riguarda capillarmente tutto il territorio. Dato per assodato che, come sempre, è FONDAMENTALE andare al voto per poter esprimere il proprio parere democraticamente,mi permetto di pubblicare integralmente un bell’intervento di Fabrizio Coccetti, fisico spilimberghese, in merito alla questione nucleare. L’articolo è tratto da “Proposta Educativa”, rivista per gli educatori scout dell’Agesci.

La questione nucleare in Italia è complessa e articolata, non possono certo bastare due pagine per affrontarla adeguatamente. Il mio intento è fare alcune osservazioni che ritengo importanti e riportare molti riferimenti per chi vuole approfondire. […]
Che cosa si vota? Il quesito referendario propone, in sintesi, di abrogare la norma per la “realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”. Si tratta quindi di votare un aspetto ben specifico tra quelli che compongono il dibattito sul nucleare.
Votare “sì” significa essere contrari alla costruzione di centrali nucleari in Italia. Votare “no” significa essere favorevoli alla produzione di energia nucleare nel nostro territorio. L’uso non è in discussione.
Capita spesso di sentire posizioni generaliste su “nucleare sì o no”, ma non è questo che si vota. L’Italia usa
energia nucleare, acquistandola dai paesi vicini (principalmente Svizzera e Francia). Non è questo uso che è messo oggi in discussione. Ad esempio, se dovesse vincere il “sì”, l’Italia continuerebbe a usare energia nucleare, pur non producendola direttamente. La questione è quindi se pensiamo che sia sicuro ed economicamente conveniente produrre energia nucleare nel nostro paese. È evidente, ad ogni modo, che il
risultato del referendum sarà anche di forte indirizzo per l’investimento e le scelte energetiche degli anni futuri in Italia.
Quando si affronta il dibattito sul nucleare, è opportuno distinguere almeno tre aree: le armi nucleari, il ciclo
dell’uranio, la produzione di energia elettrica con la fissione nucleare. Sono ben sicuro che tutti i lettori di questo articolo siano fermamente contrari agli armamenti nucleari. Così come lo è tutta la comunità scientifica internazionale.
Così come la maggior parte dei politici. Tuttavia in Italia sono presenti ancora alcune decine di testate atomiche a Ghedi e ad Aviano. Sembra paradossale che non vengano smantellate immediatamente. Sembra
incredibile che, mentre infervora il dibattito sui possibili rischi nel costruire alcune centrali nucleari in Italia, ci siano bombe atomiche posizionate sul nostro territorio con spaventosi rischi connessi e molti italiani non ne sono nemmeno consapevoli.
Un altro aspetto è il ciclo dell’uranio, quasi sempre ridotto all’importante problema delle scorie, mentre il dibattito sulla sicurezza inizia da come viene estratto (note contrarie, contrarie; note a favore, a favore), per proseguire in ogni sua fase, ma il dettaglio va oltre lo scopo di questo articolo. Pongo la questione solo per mettere in evidenza quanti parametri sono in gioco in questa problematica.
Veniamo ora all’uso pacifico della fissione nucleare per produrre energia elettrica. Il dibattito è centrato su due aspetti: sicurezza e vantaggio economico. Entrambe le fazioni usano i due argomenti, addirittura a volte gli stessi dati, per trarre conclusioni opposte. Il problema infatti è così articolato che i risultati cambiano a seconda di come si interpretano le statistiche mediche e le analisi di costo. Ad esempio (mi scuso per l’eccessiva semplificazione e la crudezza del messaggio), il costo per la produzione di energia con i combustibili fossili aumenta a dismisura se si includono i 3 milioni di morti l’anno (stima World Health Organization) a causa delle emissioni industriali e dei veicoli. Con questo calcolo, anche i tre incidenti nucleari più noti – Three Mile Island (V livello scala INES), Chernobyl (VII livello) e Fukushima (VII livello)
(vedi una lista più completa) – possono diventare argomento per sostenere che il nucleare, anche con i suoi disastri più gravi, non si avvicina neanche minimamente ai costi umani delle fonti fossili. In ogni caso i
dati reali (e quelli futuri possibili!) degli incidenti sono sempre difficili da calcolare, come è chiaro da questo articolo su Chernobyl.
Ogni singolo aspetto meriterebbe un approfondimento, una classica domanda è: «quanto dureranno le riserve d’uranio?». Anche in questo caso la risposta dipende da come si affronta la questione e ci sono studi che predicono l’esaurimento delle scorte in poche decine di anni (intervista a Rubbia) mentre altri importanti studi dimostrano che, se correttamente usato, l’uranio per la fissione non si esaurirà per miliardi di anni e potrà essere raccolto dal mare (B.L. Cohen).
Ma anche questi studi sono a loro volta contestati e comunque molto dipenderà da vari fattori, tra cui la velocità di sviluppo delle future Centrali di IV generazione. Un aspetto cruciale per questo referendum, a parere di molti, riguarda la realizzazione pratica in Italia del programma nucleare. Sulla carta può avere un
certo costo stimato e una sicurezza prevista, ma il costo effettivo e la sicurezza effettiva possono essere fortemente influenzati da: ritardi nella costruzione degli impianti, problemi reali di progettazione, ritardi nelle consegne dei materiali, cattiva gestione dei subappalti, infiltrazioni della criminalità organizzata, proteste dei comitati locali, etc. Purtroppo si possono citare molti esempi in cui nel nostro Paese le spese previste sono molto diverse da quelle effettivamente sostenute. Un tristissimo esempio, sia per gli enormi costi da sostenere sia per le gravi problematiche di sicurezza, riguarda proprio la gestione delle scorie
nucleari italiane: è il caso di Saluggia (VC), ancora irrisolto e per il quale Rubbia disse che nel 2000 si è sfiorata la “catastrofe planetaria”.
Naturalmente la convenienza o meno di produrre energia nucleare dipende anche da fattori difficili da prevedere, legati a invenzioni o ottimizzazioni tecnologiche che potrebbero inaspettatamente cambiare gli scenari. Quando potranno essere disponibili i reattori nucleari a fusione? Che ruolo reale avranno le fonti rinnovabili?
Per concludere, alcuni consigli per la lettura: un libro che espone in modo chiaro i pro e i contro della questione nucleare, Why vs Why: Nuclear Power (Brook, B.W. & Lowe, I. (2010), e alcuni siti web; contrari contrari ; neutrale).

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