La Lega bifronte

Con la recente uscita di Calderoli sul ministro Kyenge e la lunga sequela di reazioni del mondo politico, la Lega Nord afferma definitivamente una svolta importante: non più Alberto da Giussano sul simbolo, ma piuttosto Giano bifronte. Nel movimento convivono diverse anime, o almeno diverse visioni di un disegno politico. Ne è la sintesi la dichiarazione di Maroni, che vuole riportare il focus sulla questione dell’immigrazione clandestina dopo avere blandamente censurato Calderoli. Altri esponenti leghisti (da Salvini fino a diversi assessori comunali, tra cui Gava di Sacile) hanno sostenuto l’insostenibile battuta sull’orango; a Spilimbergo, invece, Marco Dreosto ha colto un’ottima occasione per dimostrare che la vecchia retorica del Sole delle Alpi, le ampolle, la discriminazione, le corne e i pittoreschi raduni di Pontida vanno messi definitivamente nel cassetto per affrontare i temi sempre cari alla Lega (federalismo e tutela della cittadinanza in primis) con toni diversi. L’invito a Spilimbergo rivolto al ministro Kyenge è un segnale molto importante in questo senso.

Ecco quindi Giano: una faccia guarda al passato, all’elettorato storico che ne ha determinato i migliori successi, gli aficionados della camicia verde e degli slogan da “Roma ladrona” alla “linea gotica” del Po; l’altra faccia guarda al futuro, a difendere l’identità in una società che non può sfuggire alla multiculturalità, e a un federalismo che ancora non trova la sua completezza.

Non fosse già chiaro, a me piace la seconda. E mi auguro che si possa sentire parlare più spesso di Dreosto che di Calderoli: credo che il tempo della politica da ultras e dei toni esasperati sia al tramonto, mentre il cittadino vuole una politica autorevole, e come tale improntata alla serietà, al rispetto, al dialogo. La Lega, come altri partiti, ancora si trova a metà del guado: speriamo giunga presto alla giusta sponda.